Irène Némirovsky 4 - Ho viaggiato molto e molto ballato
- Andato in onda:19/06/2017
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Florinda Fiamma racconta Iréne Némirovsky
«Ho viaggiato molto e molto ballato», Iréne Némirovsky riassume così la sua vita. Ama il teatro, lo champagne, i film di Charlie Chaplin e fumare sigarette di nascoso dalla sua tata, con la quale va in giro tra alberghi di lusso e città termali, vestita alla moda. Irène poco più che adolescente frequenta i locali notturni di Montmatre e va matta per la danza: foxtrot, tanghi argentini, musiche importate dall’America. Nel febbraio 1921 ha compiuto 18 anni ed è l’età di eccitanti giri in macchina, gite in campagna e mare, da Biarritz a Fointainebleu passando per la Normandia, sempre accompagnata da Miss Matthews la governante inglese che le aveva dato il soprannome di Topsy, sbadata, testa tra le nuvole. Di notte, dopo aver scritto versi sincopati in russo, Irène inizia a scrivere i suoi primi testi in prosa francese. Uno di questi racconti fu pubblicato su una rivista frivola e maschilista e Irène lo firmò con uno pseudonimo, il soprannome Topsy che le aveva dato Madmoseille. Nella sua vita c’era stata un’altra tata, l’amatissima Zezelle madrelingua francese che l’aveva accompagnata negli anni dell’infanzia in Russia e le aveva insegnato alla perfezione il francese ma che era stata cacciata in malo modo da sua madre. Irène infatti fu sempre affidata alle governanti perché sua madre, Anna Margoulis, che a Parigi diventò Fanny, non si interessava molto di lei. Sottile piccola bruna, occhi neri, capelli corti labbra carnose con modi eleganti ed educazione impeccabile, questa era Irène Némirovsky, l’unica figlia di una madre capricciosa, la raffinata e autoritaria Fanny
In molti suoi romanzi Irène farà i conti con la figura della madre anaffettiva. Ma nel Il ballo, l’abisso che divide madre e figlia e le rende «rivali» di vita e di giovinezza si concretizza nella smisurata vendetta della quattordicenne Antoinette nei confronti di sua madre il giorno in cui ha organizzato un ballo.
Una specie di vertigine si impossessò di lei, un bisogno selvaggio di commettere una bravata, di fare del male. Serrando i denti, prese le buste, le accartocciò fra le mani, le lacerò e le buttò tutte insieme nella Senna. Per un lungo istante, trattenendo il respiro, le guardò svolazzare contro l’arcata del ponte. Alla fine il vento le trascinò nell’acqua.
Per tutti gli anni Trenta Irène Némirovsky continua a pubblicare con successo di pubblico e di critica. Nel dopoguerra sulla sua opera cala il silenzio.
Qualcosa da leggere, per approfondire
La vita di Irène Némirovsky di Olivier Philipponnat, Patrick Lienhardt (Adelphi 2009)
Irène nemirovsky di Cinzia Bigliosi (Doppiozero 2013)